Tuesday, June 17, 2008

IL CONVEGNO IN MEMORIA DI ENZO TORTORA, 18 MAGGIO 2008


CONVEGNO IN MEMORIA DI ENZO TORTORA PER IL VENTENNALE DELLA SUA MORTE

Napoli, Palazzo Partanna, sede dell'Unione Industriali 18 maggio 2008



Intervento di SALVO GIORGIO sul processo Contrada


Il 18 maggio 2008, ventesimo anniversario della morte di Enzo Tortora, l'associazione bolognese Multimedia Video ha organizzato un convegno celebrativo. La sede prescelta, Napoli, richiama la triste vicenda processuale del celebre giornalista, accusato da un "pentito", Mauro Melluso, di avere rapporti con la camorra. Mi è stato chiesto un intervento sul processo Contrada, considerate le analogie strutturali fra le due vicende, ossia il fondamento esclusivo delle accuse sulle dichiarazioni di un "pentito": l'altra analogia consiste nell'innocenza dei due imputati, quella di Tortora già provata dalle carte processuali, quella di Contrada in attesa di essere finalmente svelata dalla Storia. Che potrebbe essere l'unico giudice capace di sentenziare in maniera oggettiva.

Il convegno ha visto la partecipazione di illustri avvocati e giuristi come Giuliano Pisapia, uno dei padri del nuovo Codice di Procedura Penale, l'avvocato Raffaele Della Valle, uno dei difensori di Tortora, l'avvocato Giovanni Dedola, difensore dell'ex-ministro della Salute Sirchia e di Giovanni Consorte, nonchè dell'avvocato Francesco Caia, presidente dell'Ordine degli Avvocati di Napoli, del presidente del Consiglio Provinciale della Campania, Sandra Lonardo, già coinvolta in vicende giudiziarie, e della compagna di Tortora, Francesca Scopelliti. L'intervento del presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, impossibilitato a partecipare di persona, come aveva promesso, per motivi di salute, è stato registrato sottoforma di intervista. A realizzarla è stato Vittorio Pezzuto, autore del libro Applausi e sputi, dedicato alla straziante vicenda di Enzo Tortora.

Questo il testo del mio intervento, trascritto dalla registrazione audiovisiva a cura dell'associazione Multimedia Video:

"Grazie di questa opportunità, perché è importante per me leggere un messaggio che il dottor Bruno Contrada ha voluto rivolgere a tutti noi che stiamo partecipando a questi lavori che ricordano la figura di Enzo Tortora. Lo leggo grazie all’avv. Lipera, che mi ha dato l’ onore di leggere queste righe:

“Nella ricorrenza del ventesimo anniversario della scomparsa dell’indimenticabile Enzo Tortora, rivolgo a lui il mio pensiero riverente e commosso. Prego il mio difensore, avv. Lipera, di farsi interprete di tale mio sentimento verso tutti i partecipanti a questo convegno, in cui saranno trattati temi di giustizia e di ingiustizia, e nel contempo di portare, non potendolo fare personalmente poiché imprigionato, il mio vivo e deferente saluto a tutti gli illustri presenti. Firmato Bruno Contrada”.

Un uomo a cui io, nel 1999, ho sentito il piacere e l’onore di dedicare (a lui e a Enzo Tortora) la mia tesi di laurea in giurisprudenza. Una laurea che ho messo nel cassetto: non ho fatto né l’avvocato né alcuna altra attività relativa alla mia laurea. Ma la mia tesi riguardava il principio della presunzione di non colpevolezza. All’inizio di essa ho voluto scrivere questa piccolissima dedica: “A Bruno Contrada ed Enzo Tortora, per i quali l’art. 27 comma 2 della Costituzione è stata soltanto un’opinione”. E questo è ancora più vero perché i due processi, che poi hanno avuto esiti diversi, hanno degli inquietanti punti in comune.

Nel processo Contrada addirittura siamo arrivati ad un livello quasi medianico, perché il fenomeno del pentitismo non si è fermato alle parole che i pentiti hanno pronunciato in aula o in videoconferenza, ma si è esteso fino a far parlare i morti. E’ stato semplicissimo, anche agli occhi dei cronisti: voglio premettere che io sono un giornalista, ma sono totalmente d’accordo su quello che è stato detto prima circa la mia categoria. Purtroppo il processo Contrada è stato vittima di una disinformazione totale e, consentitemi, assolutamente vergognosa… Dunque, si diceva, parlavano i morti… Quando c’era un riscontro oggettivo a favore dell’imputato, chissà perché di questo riscontro non se ne parlava, la stampa non ne parlava; ma chissà perché, invece, i giudici non ne hanno tenuto conto… Voglio fare solo due esempi per far capire quello che è stato il leit motiv di questo processo: un pentito che ha cambiato versione… Un pentito disse addirittura che, intorno alla metà degli anni ’70, al dott. Bruno Contrada era stato messo a disposizione un appartamento a Palermo da un costruttore in odore di mafia. Peccato che poi i dati abbiano dimostrato che, proprio in quel periodo, tale costruttore era stato denunciato, arrestato e incarcerato insieme ai suoi cinque fratelli per merito del capo della Squadra Mobile di Palermo Bruno Contrada. Sono degli atti che parlano contro le parole di un pentito, ma la sentenza ha dimostrato di non tenerne conto… E ancora, una delle cose che ha fatto soffrire ancor più l’imputato, poi condannato, e posso dire ingiustamente, da quello che ho visto da cittadino ancor prima che da cronista, è stato mettere in discussione il suo rapporto con Boris Giuliano: colui che era suo fratello, erano Castore e Polluce, erano quelli che il questore Migliorini chiamava “i miei gioielli”… Ebbene, Boris Giuliano è morto nel 1979, assassinato dalla mafia. Non poteva parlare, dunque, non poteva deporre, però è stato chiamato in causa nel processo, insieme a Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Ninni Cassarà…. tante persone morte che non erano lì per dire “ma cosa state dicendo???”… Erano lì, invece, per poter dire, esterrefatti, “che cosa state facendo???” decine e decine di colleghi, superiori e dipendenti di Bruno Contrada… I quali lo hanno difeso a spada tratta. Io ho visto… La sera della sentenza di condanna in primo grado scendevo le scale del Palazzo di Giustizia di Palermo insieme a Bruno Contrada, ai suoi avvocati, al figlio Guido e a un suo ex-dipendente… Io quest’ultimo l’ho visto piangere, ho visto piangere questo ispettore di polizia, e capite che persone che hanno fatto conflitti a fuoco sono emotivamente molto forti… Io l’ho visto piangere e gli ho sentito dire una frase: “Dottore Contrada, io mi vado a ubriacare perché altrimenti sparo a qualcuno...”. Pensate qual’era l’affetto di questi dipendenti, non solo dei colleghi e dei superiori di Bruno Contrada, ma dei suoi dipendenti… Che ogni udienza io vedevo a mo’ di guardia reale stare là, partecipare, anche quando non potevano interloquire con il detenuto perché costui era ancora in regime di carcerazione preventiva… I suoi ex-dipendenti gli davano questo senso di conforto… Ebbene, li ho visti piangere… Ed è stato incredibile, poi, percepire la devozione che c’era nei confronti di quest’uomo. Ebbene, questi, i colleghi, i dipendenti, non sono stati creduti. Sono stati creduti dei pentiti che hanno cambiato versione, per cui oggi sono costretto a leggere, su altri blog in Internet, sono costretto ancora a leggere “Bruno Contrada è colui che ha fatto fuggire Totò Riina”. Ma questa è una cosa che anche a livello processuale, scusate, è stata addirittura quasi messa di lato, perché quell’operazione, della quale Bruno Contrada sarebbe stato secondo l’accusa delatore ai mafiosi, non fu mai organizzata. Allora: voi pensate che, in un periodo come il 1981, con la mafia che alzava il tiro contro gli uomini delle istituzioni, il dottor Bruno Contrada non solo non sarebbe stato un buon poliziotto ma non sarebbe stato neanche un buon delatore, perché non avrebbe fatto altro che perdere tempo, e rischiare, passando a gente molto simpatica e sicuramente innocua delle informazioni fasulle su operazioni che non ci sono mai state e che tutta la polizia e i carabinieri di Palermo hanno giurato in aula che non sono mai state organizzate! Eppure, nonostante questo, il pentito è stato creduto, anche dopo un cambio di versione repentino, intervenuto dopo neanche un mese…

Io non voglio annoiarvi ulteriormente con dettagli particolari anche perché siamo alle strette come tempi, immagino. Ritengo che questa giornata debba fare riflettere tutti quanti perché la vicenda di Enzo Tortora, che mi colpì personalmente (io avevo 17 anni all’epoca e mi ha veramente sconvolto), la vicenda di Enzo Tortora sta continuando nella figura di Bruno Contrada. E’ meglio che questo lo ricordiamo tutti. Non so a quali conseguenze penali o meno io mi possa esporre, ma se non abbiamo il coraggio di dire le cose come stanno, credo che sarebbe inutile anche spendere delle parole. Grazie".


SALVO GIORGIO

3 comments:

Anonymous said...

Good words.

Anonymous said...

molto intiresno, grazie

Anonymous said...

Perche non:)