Tuesday, May 15, 2007

RICHIESTA ED ORDINANZA DI CUSTODIA CAUTELARE: UNA STRANA COINCIDENZA



1.
Richiesta di custodia cautelare ed ordinanza di custodia cautelare. Coincidenza.
La Cassazione aveva stabilito, già prima dell'inizio del processo Contrada, con le sentenze 2146 del 4 aprile 1990 e 3101 del 31 luglio 1991, che "deve essere annullata l'ordinanza di custodia cautelare che, relativamente alla sussistenza del pericolo di fuga, contenga una motivazione basata su una presunzione e non su circostanze concrete come prescrive l'art. 274 lettera b del codice di procedura penale".

2.
Soffermandoci sui motivi che hanno condotto i magistrati palermitani a chiedere la restrizione in carcere di Bruno Contrada in regime di custodia cautelare, giova ricordare che l'art. 274 del codice di procedura penale prevede che "le misure cautelari sono disposte:
a.
quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede, in relazione a situazioni di concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova (...);
b.
quando l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga (...);
c.
quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede (...)".
In sintesi, i tre requisiti per disporre una misura di custodia cautelare nei confronti di un individuo accusato di aver commesso un reato sono:
a.
il concreto pericolo che costui possa inquinare le prove a suo carico.
In altre parole, il concreto pericolo che "l'indagato possa realmente turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti. Per evitare che il requisito del concreto pericolo perda il suo significato e si trasformi in semplice clausola di stile, è necessario che il giudice indichi, con riferimento all'indagato, le specifiche circostanze di fatto dalle quali il concreto pericolo è desunto e fornisca sul punto adeguata e logica motivazione" (come stabilito dalla Cassazione con la sentenza 1460 del 17 luglio 1995, due settimane prima che Contrada fosse scarcerato). Ma, considerando che le prove raccolte dalla Procura di Palermo a carico di Contrada sono basate esclusivamente sulle dichiarazioni di testimoni, non oculari e per la maggior parte rientranti nella categoria dei "pentiti", tenuti e protetti in luoghi segreti, come poteva Contrada, ancorchè lasciato in libertà ma comunque inquisito e sospeso dal suo incarico, conoscere quali fossero quei luoghi e, nel caso lo avesse saputo, aver accesso ai medesimi? E, considerando che molte delle accuse a suo carico sono state messe dai pentiti (o da pochi altri testimoni) in bocca a persone morte, è da ritenere che, se fosse stato libero, Contrada avrebbe potuto più facilmente organizzare una seduta spiritica per evocare quei fantasmi e convincerli a ritrattare?
Sul punto gioverà ricordare che il 22 febbraio 1991 (dunque, stavolta, prima dell'arresto di Contrada, avvenuto il 24 dicembre 1992) la Cassazione aveva stabilito che "la misura cautelare della custodia in carcere può essere giudicata necessaria per tutelare l'acquisizione e la genuinità della prova da un concreto pericolo di inquinamento solo se tale concreto pericolo non possa essere evitato con altri mezzi processuali". E qui torniamo a quanto abbiamo poc'anzi evidenziato: sarebbe bastato sospendere Contrada dal suo incarico, come i giudici hanno effettivamente fatto, per evitare che egli potesse entrare in contatto, direttamente o indirettamente (ad esempio attraverso colleghi), con quei pentiti che lo accusavano e che erano le uniche fonti di prova contro di lui. Se proprio si voleva infierire sull'indagato, sarebbe bastato disporre come extrema ratio gli arresti domiciliari.
b.
il pericolo di fuga.
La Cassazione stabilisce, con le sentenze 2146 del 4 aprile 1990, 2644 del 19 settembre 1990, 3101 del 31 luglio 1991 e 761 del 23 maggio 1992 (tutte emesse prima dell'inizio del processo Contrada) e con le sentenze 1470 dell'11 maggio 1993 e 2411 del 24 settembre 1993 (emesse mentre Contrada era già in regime di carcerazione preventiva), che "il pericolo di fuga non può essere costituito dalla mera possibilità o dalla semplice ed astratta probabilità , desumibile da generiche presunzioni, che l'indagato scappi. Il pericolo di fuga, se ravvisato, dev'essere dal giudice ancorato a concreti elementi da cui sia logicamente possibile dedurre la reale ed effettiva preparazione della fuga".
E' stato mai trovato qualche bagaglio di Contrada pronto ad essere imbarcato su un aereo diretto alle Bahamas o in Sudamerica? Si è mai avuta notizia di prenotazione od emissione di biglietti aerei o ferroviari o marittimi a nome di Contrada o in qualche modo riconducibili a lui? Si è mai trovata una vettura col motore acceso pronta a trasportare Contrada in qualche luogo sicuro per sfuggire agli inquirenti? Al contrario, lo stesso Contrada, sicuro della propria innocenza e confidando nella giustizia (prima che una parte di essa lo pugnalasse alle spalle) e non avendo nulla da temere, ha più volte sottolineato il suo desiderio di parlare coi giudici per chiarire la sua posizione, disponendo all'uopo di un impressionante insieme di elementi oggettivi ed incontrovertibili (che sono poi stati prodotti in udienza ma dei quali i giudici non hanno tenuto conto...). Lo aveva fatto già nel 1984, quando il suo nome era venuto fuori una prima volta dalle dichiarazioni di Tommaso Buscetta e lui, all'epoca capo di gabinetto dell'Alto Commissariato Antimafia, si era spontaneamente presentato ai giudici per chiarire tutto: e tutto era stato chiarito.
Le sopracitate sentenze della Cassazione sul pericolo di fuga in relazione alle esigenze di custodia cautelare si raccordano ad altre pronunce della Suprema Corte in materia, quali le sentenze 825 del 14 settembre 1991 e 3490 del 21 luglio 1992 (entrambe anteriori al processo Contrada), richiamate a loro volta dalle sentenze 1963 del 12 ottobre 1995 e 2736 del 4 settembre 1996: in base a queste pronunce "il concreto pericolo di fuga può essere desunto anche dal pregresso stato di latitanza dell'imputato. Uno stato di latitanza che può essere legittimamente assunto come sintomo indubbio di una propensione ostruzionistica dell'imputato".
Ma Bruno Contrada in vita sua non è mai stato latitante nè ha mai manifestato l'intenzione di esserlo. Era lui, caso mai, che dava la caccia ai latitanti...
c.
il pericolo che l'indagato possa reiterare il reato di cui è accusato o possa commetterne altri.
Ai fini della valutazione di questo pericolo, la Cassazione, con sentenza 1518 del 29 aprile 1991, emessa prima del processo Contrada e richiamata da altre due sentenze emesse l'una quando Contrada era già in carcere (la sentenza 1791 del 15 ottobre 1993) e l'altra dopo la fine del processo di primo grado (la sentenza 200 del 13 febbraio 1997), impone come "elementi rilevanti ai fini della valutazione della sussistenza del pericolo di reiterazione della condotta criminosa sia i precedenti penali dell'indagato che i procedimenti penali pendenti a carico dell'indagato medesimo".
Contrada non aveva precedenti penali e l'unico procedimento penale che avrebbe potuto aver luogo nei suoi confronti prima del 1992 (quello, ricordato poc'anzi, per le dichiarazioni di Tommaso Buscetta del 1984) fu immediatamente archiviato perchè i giudici riconobbero, in sede istruttoria, l'assoluta infondatezza della generica accusa rivolta dal pentito a Contrada.
Oltre a quanto detto, bisogna sottolineare anche un punto importante. Considerando che i presunti reati a suo carico Contrada avrebbe potuto commetterli solo in quanto poliziotto o dirigente del SISDE, ancora una volta ci accorgiamo che sarebbe bastata la semplice sospensione dall'incarico (misura che puntualmente fu adottata) per evitare qualsiasi reiterazione dei reati ascritti all'imputato.
Reiterazione? Ma, per ripetere un reato, occorre averlo commesso già una prima volta. Bruno Contrada non aveva mai commesso alcun reato...

3.
La durata della carcerazione preventiva. La follia del congelamento dei termini.


SALVO GIORGIO

2 comments:

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